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In America si chiama Bed (Binge geating disorder), gli italiani lo definiscono DAI (Disturbo da alimentazione incontrollata). In entrambi i casi ci si riferisce ad un vero e proprio disordine alimentare: i cosiddetti binge eater riescono ad ingerire, in brevissimo tempo, una quantità di cibo impressionante, arrivando a totalizzare addirittura 30.000 calorie in un solo pasto. Mangiano velocemente, senza appetito, in maniera compulsiva e quasi sempre lo fanno di nascosto dopo momenti di forte tensione ed ansia. Ma il sollievo dura poco poichè all'abbuffata seguono momenti di vergogna, rabbia e inadeguatezza che spingono i binge eater a rituffarsi nel cibo, con l'illusione di placare il loro vuoto affettivo. Psichiatri e psicologi si sono occupati a lungo di questo problema per cercare di comprenderne i motivi scatenanti e trovare i metodi per curarlo. Alla base del mancato controllo del cibo potrebbero esserci l'impossibilità di vivere od esternare le proprie emozioni, una personalità dipendente che porterebbe ad "abbuffarsi" per alleviare stati d'animo negativi come succede nell'alcolismo o nella tossicodipendenza, una bassa autostima tant'è che secondo una ricerca l'80% dei mangioni compulsivi ha un problema di depressione latente con disturbi dell'umore caratterizzati da sentimenti di svalutazione e disistima verso se stessi.
 Perchè possa parlarsi di Bed è necessario che vi siano almeno 2 episodi alla settimana per un periodo di 6 mesi durante i quali si mangia molto più rapidamente del normale, fino a sentirsi pieni, ingerendo grandi quantità di cibo pur non avendo fame. Gli episodi non si associano a comportamenti compensatori ( vomito autoindotto, digiuno prolungato, esercizio fisico eccessivo), come avviene nell'anoressia o nella bulimia. Il trattamento di prima scelta per guarire da questo disturbo è la psicoterapia cognitivo-comportamentale finalizzata ad abituare la persona a riconoscere ed esprimere le proprie emozioni, senza che queste vengano soffocate attraverso l'abuso di cibo. La terapia, della durata di almeno un anno, può coinvolgere anche i familiari e le persone più vicine al binge eater perchè possano imparare a gestire eventuali episodi di ricaduta.

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