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http://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/rapina_posillipo_video_scontro_uccisi/notizie/322207.shtml

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Il video (che vi riproponiamo al termine dell’articolo), vecchio di due anni, è stato diffuso dalla tv Belga solo in questi giorni sconvolgendo il paese per la violenza e la brutalità delle immaginifonte: http://suburbanrevolilblog.blogspot.it
Piange, si dispera, urla. Jonathan Jacob, 26 anni, è completamente nudo, in una cella angusta di Mortsel, in provincia di Anversa. Poi, sale sulla brandina sporca, si rifugia in un angolo attaccandosi a una parete mentre gli agenti, una decina, entrano in cella lanciando un razzo luminoso. In pochi secondi gli sono addosso in cinque o sei. Jacob scompare sotto il peso di manganellate e scudi degli agenti, casco in testa e equipaggiamento antisommossa. Alla fine, una macchia di sangue resta sulla parete, mentre gli uomini somministrano al giovane un’iniezione. Poi, quando tutto finisce, un medico entra in cella. Ma è troppo tardi: Jacob è morto
Il video, vecchio di due anni, è stato diffuso dalla tv Belga solo in questi giorni sconvolgendo il paese per la violenza e la brutalità delle immagini … la ferocia dell’uomo non conosce limiti, oltre che vergogna!

Fonte: http://dallapartedeltorto.tk/2013/05/16/belgio-video-choc-polizia-pesta-a-morte-un-detenuto

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empoli_scritte_cucchi_stefano04Il legale della famiglia smonta la perizia della Corte che attribuisce la morte adenutrizione: «Scientificamente sbagliata»

Se Stefano Cucchi non fosse stato vittima di «un pestaggio feroce nelle celle del tribunale, non sarebbe morto». Invece «fu torturato e morì per il dolore», i suoi ultimi giorni di vita furono «un vero e proprio calvario». Ultime battute al processo per la morte del giovane geometra romano. Ieri ha preso la parola l’avvocato Fabio Anselmo e il legale della famiglia Cucchi ha duramente attaccato la tesi dei pubblici ministero Vincenzo Barba e Francesca Loy, convinti che la responsabilità della morte di Stefano – avvenuta nel reparto di medicina protetta dell’ospedale Sandro Pertini una settimana dopo essere stato arrestato per droga – sarebbe da attribuire al personale sanitario più che agli agenti penitenziari (per tutti gli imputati è stata chiesta una condanna a pene che variano dai 6 anni e 8 mesi ai 2 anni). Secondo l’accusa, infatti, Stefano fu sì pestato nelle celle di sicurezza del tribunale, dove si trovava per l’udienza di convalida del suo arresto, ma dopo il ricovero sarebbe stato «abbandonato» da medici e infermieri, al punto che la sua morte è stata attribuita da una perizia disposta dalla Corte a inanizione, vale a dire a un decadimento organico dovuto a scarsa alimentazione. Conclusioni che assolverebbero in gran parte gli autori del pestaggio nella cella di sicurezza. «La sindrome di inanizione è uno specchio che nasconde la causa della morte di Stefano Cucchi, non la spiega», ha detto ieri Anselmo. «I periti hanno detto che l’inanizione è la causa della morte – ha proseguito – e poi dicono che è irrilevante stabilire se questa ha determinato una morte cardiaca o cerebrale. Questa è l’arroganza dei periti. Ci sono accuse gravi a carico dei medici e loro non spiegano come è morto alla fine. Questo è un modo per liquidare il processo». 

Non si tratta, però, dell’unica incongruenza. Il legale ha infatti ricordato come siano stati gli stessi periti a sottolineare come la morte per inanizione avvenga i 21 giorni, mentre invece nel caso del giovane geometra sia avvenuta «in cinque giorni e mezzo». «Una perizia così importante – ha proseguito Anselmo – meritava una cura e una precisione diversi. C’è un insufficiente studio delle carte, è piena di affermazioni che sono tanto perentorie quanto scientificamente sbagliate».
Infine ci sono i traumi sul corpo di Stefano, che per gli esperti nominati dalla Corte sarebbero stati provocati dopo il decesso e nel corso dell’esame autoptico. «Per i periti – ha spiegato il legale della famiglia – non hanno avuto influenza e questo non è possibile». Questo non vuol dire che Stefano fosse innocente. Per il reato commesso «Stefano andava messo in galera, ma non ucciso», ha concluso il legale.


Fonte: 

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Si blocca il tentativo di “chiudere” rapidamente la vicenda del suicidio di David Rossi, capo della comunicazione in Mps. Ora l’autopsia si farà.
L’avevamo scritto subito: strano che i magistrati abbiano immediatamente escluso di disporre un’autopsia. E’ praticamente una proceduta obbligata in ogni morte violenta.
Ma c’è voluta la ripresa di una telecamera, posta sul vicolo dietro Rocca Salimbeni (sede di MonePaschi) per far loro cambiare idea. Nelle riprese si vede David Rossi cadere all’indietro. Che è certo uno dei tanti modo possibili di gettarsi da una finestra, ma non proprio il più frequente (statisticamente).
L’orario della caduta è impresso sulle immagini: 19,59. E Rossi non sarebbe neppure morto sul colpo, dopo un volo di quasi venti metri, con la testa verso il basso e di spalle.
Non sono gli unici riscontri che hanno consigliato un’archiviazione rapida. Prima della morte Rossi ha ricevuto una telefonata che si è protratta molto a lungo. E quindi l’interlocutore è “obiettivamente” un tassello importante per la ricostruzione dello stato d’animo di Rossi, nonché per individuare le ragioni specifiche del suo eventuale suicidio (“ho fatto una cavolata”, è scritto di suo pugno su uno dei biglietti accartocciati e gettati nel cestino del suo ufficio).
Il pubblico ministero Nicola Marini, di turno mercoledì sera, ha quindi doverosamente ordinato l’autopsia (effettuata ieri pomeriggio), coordinandosi con i magistrati che indagano sull’acquisto di Antonveneta, all’origine dei travagli di Mps e delle inchieste giudiziarie sugli ex capi assluti, Mussari  e Vigni.

La ricostruzione dei suoi ultimi giorni e ore è oggetto di indagini e articoli un po’ su tutti i giornali di oggi. IlSole24Ore, per esempio, offre questo quadro. 
“Non era indagato e, come hanno puntualizzato i vertici della banca, non stava per perdere il lavoro (vedere altro servizio). Eppure era in uno stato di stress e negli ultimi giorni appariva lontano e distaccato dalle cose che accadevano. Un atteggiamento che aveva messo in allarme familiari e collaboratori. Nel pomeriggio di mercoledì si è messo a lavorare al computer senza quasi rispondere a chi cercava di rivolgergli la parola. Poi, intorno alle 19, ha chiamato la moglie Antonella per dire che stava uscendo dall’ufficio. Alle 20 e 30, non vedendolo arrivare, la moglie lo ha cercato sul cellulare, che però squillava a vuoto. Preoccupata, ha cercato il responsabile della segreteria del marito, Giancarlo Filippone, un amico di vecchia data della coppia, che era già a casa. Il quale è andato di corsa a Rocca Salimbeni.Quando è arrivato davanti alla stanza del suo capo, la porta era aperta e la finestra dietro la scrivania spalancata”.
Ultima seria incongruenza, dunque: alle 19 ha chiamato la moglie per dire che stava per rientrare e un’ora dopo si uccide. C’è materia per farsi domande. E le risposte vanno per forza cercate tra i fogli di carta, i file sul computer, le telefonate recenti, i rapporti con il resto del gruppo dirigente di Mps.
Lo sforzo di alcuni giornali padronali sembra evidente: ridurre tutte le motivazioni alla sfera individuale, a una sorta di “grande delusione” di un senese doc per quello che è sempre stato il cuore finanziario e politico della città. Basta questo per ammazzarsi, se si sono coperti nella vita professionale molti altri ruoli importanti?
La Rocca ha ancora molti angoli bui, questo è sicuro.

Fonte: http://www.contropiano.org/it/archivio-news/archivio-news/item/15002-le-stranezze-del-suicidio-in-montepaschi
Tratto da Losai.eu

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Una notizia drammatica giunge da Guarrato, un paesino di 1300 persone in provincia di Trapani: Giuseppe Burgarella, operaio, sindacalista della Cgil di 61 anni disoccupato da tempo, si è tolto la vita impiccandosi a una trave sotto casa sua. L'ha fatto, però, in un modo ancor più drammatico, che induce ancor di più a riflettere e chiarisce ulteriormente le cause del suo gesto. Prima di togliersi la vita l'uomo ha scritto con cura certosina la lista – interminabile – di tutti i “morti per disoccupazione” degli ultimi due anni. Se li era appuntati uno ad uno, copiandoli dalle cronache dei giornali, e in fondo all'elenco aveva scritto il suo: Giuseppe Burgarella.

Ma non solo: l'uomo se ne è andato con la Costituzione a fianco, citando in un foglietto l'articolo 1, che “dice che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Allora perché lo Stato non mi aiuta a trovare lavoro? Perché non mi toglie da questa condizione di disoccupazione? Perché non mi restituisce la dignità? Allora se non lo fa lo Stato lo devo fare io”. I Carabinieri lo hanno trovato impiccato con la “magna carta” della Repubblica Italiana a fianco.
Fonte: http://www.fanpage.it/operaio-si-impicca-con-l-articolo-1-della-costituzione-a-fianco/#ixzz2KPeMJ6eb 




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Corradino Mineo ha commentato così le immagini su Rainews24 circa la manifestazione di Roma: (*Direttore di Rainews24) "Se la polizia non ha i mezzi scendiamo in piazza con loro per chiederne, devono essere messi in condizione di poter lavorare in modo civile, la polizia non può comportarsi così".

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CHIAVARI (GENOVA) - Quando le hanno comunicato che il pignoramento del suo bar era inevitabile, non ci ha visto più. E' uscita, s'è messa al volante della sua auto, una Fiat 500, e si è lanciata contro le vetrine dell'Agenzia delle Entrate. E' successo questa mattina in piazza Leonardi a Chiavari (Genova). Dentro la filiale erano presenti alcuni dipendenti, fortunatamente non ci sono feriti. La donna invece è stata portata al pronto soccorso in stato di choc, poi in commissariato.


Fonte:
Fonte:http://www.leggo.it/news/cronaca/genova_sfonda_lagenzia_delle_entrate_in_500_mi_hanno_pignorato_il_bar_foto/notizie/198521.shtml

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Zoom Foto
Bloccato a Valdagno da Equitalia un 
pulmino per il trasporto degli handicappati
VALDAGNO. Un piccolo imprenditore vicentino si è visto bloccare dal fermo amministrativo di Equitalia un pullmino con pedana retrattile utilizzato per il trasporto delle persone disabili. Questo per debiti verso l’Erario, che l’uomo, Moreno Dal Pian - rende noto Federcontribuenti - aveva proposto di saldare con un piano di rientro concordato; cosa non accolta dall’ente per mancanza di garanzie. Le ganasce fiscali al pullmino sono scattate qualche tempo fa. Nel frattempo l’Ulss 5 di Valdagno ha assegnato ad altre ditte il trasporto dei portatori di handicap. Il nuovo appalto per il servizio è stato però vinto ancora da Dal Pian. Perciò Federcontribuenti ha chiesto ad Equitalia di sbloccare il mezzo del trasportatore, dando la sua disponibilità a vedersi pignorati dal riscossore parte delle somme che gli verserà l’Ulss 5.Sulla vicenda è intervenuto il deputato veneto dell’Udc, Antonio De Poli, che ha definito Equitalia «un caterpillar».
De Poli si è appellato al «buon senso» del riscossore, perchè «a subire questa decisione - spiega - sarebbe non solo l’azienda, che pure è indebitata, ma i tanti disabili che beneficiano di quel servizio».

fonte: 
http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/dalla_home/422163_valdagno_equitalia_bloccapullmin

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Tutte le TV lo propongono in versione MOLTO CENSURATA: ecco la versione integrale. Attenzione: il video potrebbe urtare la vostra sensibilità.

Nota: secondo il comunicato stampa della questura uno dei tizi che stanno portando via il bambino è il padre, cosa confermata a Pomeriggio 5 anche dalla zia del bambino.

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Mentre tutti noi facciamo fatica ad arrivare a fine mese c’è una categoria che gode di risorse infinite (oltre che di un appoggio totale del Governo): i banchieri
I primi dieci gruppi bancari italiani si reggono su 1.136 cariche amministrative. Posti da centinaia di migliaia di euro, quando non milioni: uno studio Uilca sui bilanci 2011 dei primi 11 istituti evidenziava un monte compensi di 26 milioni per gli 11 ad (+36% dal 2010), e di 9,6 milioni per gli 11 presidenti (+5,5%). Non sono le cifre stratosferiche degli anni di bolla 2005-2007, ma si tratta pur sempre di 85 volte i salari del bancario medio (il rapporto era 62 nel 2010 e 107 nel 2007). E sono somme non scalfite, costanti, dopo cinque anni di crisi, mentre molte di queste banche azzeravano i profitti con una redditività media scesa al 2-3%.
Non c’è invidia sociale ma di sicuro qualcosa che non va c’è…
fonte

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(ASI)  Ora è ufficiale. Tracce di esplosivi di nano-termite sono stati raccolti dai detriti del WTC poco dopo il loro crollo dell'11/9/2001. Alla Brigham Young University, il professore di fisica, il dottor Steven Jones, ha fatto la scoperta dell'esplosivo insieme ad un team internazionale di nove scienziati.
Grazie quindi alle prove di laboratorio più estese, gli scienziati hanno concluso che i campioni analizzati, hanno mostrato che si tratta di esplosivi nano-termite, generalmente usati per scopi militari.

Dopo un rigoroso processo di peer-review, il loro documento è stato pubblicato nella Bentham Chemical Physics Journal, una delle riviste più accreditate negli USA e che ha approvato alcuni Premi Nobel, essendo rispettata all'interno della comunità scientifica. Primo autore dello studio è Dr. Niels Harrit di 37 anni, professore di chimica all'Università di Copenaghen in Danimarca e un esperto di nano-chimica, che dice: "Il conto ufficiale messo avanti dal NIST viola le leggi fondamentali della fisica."
Il Governo ora sa delle prove che confermano la presenza di Esplosivo Nano-Termite, utilizzati per far cadere tutte le Torri del WTC l'11 / 9.
fonte: agenziastampaitalia.it

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Ancora un episodio che va ad aggiungersi ad un lungo e doloroso elenco. Perchè tanti ragazzi entrano vivi ed escono morti da caserme, commissariati e carceri nel nostro paese? 

Michele Pavone, di 29 anni, era nella camera di sicurezza dei carabinieri da ieri pomeriggio dopo l'arresto per evasione dagli arresti domiciliari. Aveva trascorso la nottata tranquillo, nulla lasciava presagire la tragedia. Ieri sera Pavone, dopo essere "evaso" dagli arresti domiciliari (versione contestata dai familiari), era stato arrestato e raggiunto in caserma da una delle sorelle, che gli aveva portato una pizza, ma non aveva dato alcun segno di nervosismo. Sembra che il 29enne non soffrisse di problemi psichiatrici, né avesse altri motivi per togliersi la vita.

Il giovane era agli arresti per un furto trasformatosi in rapina avvenuto lo scorso 2 giugno in un supermercato a Casalnuovo, dove aveva cercato di rubare alcune bottiglie di liquore. Pavone era stato scoperto da una commessa e per coprirsi la fuga le aveva rotto in testa una delle bottiglie. In caserma sono giunte le due sorelle e la compagna, e hanno appreso la notizia della morte del congiunto dai militari. Secondo una prima ricostruzione, Pavone era "evaso" dai domiciliari ma per fare un tuffo nella piccola piscina gonfiabile nei pressi della propria abitazione in via Romani Costanzi, ai confini tra Sant'Anastasia e Pollena Trocchia. I carabinieri lo hanno arrestato e lo hanno condotto, vivo, in una loro caserma, dalla quale però è uscito morto. La versione ufficiale parla di auto-soffocamento con la propria maglietta. Il decesso è stato constatato dal medico legale giunto sul posto insieme al pm della Procura di Nola. La rabbia dei familiari si concentra sulle motivazioni dell'arresto di ieri pomeriggio. "Era nel cortile della casa, all'interno della recinzione dell'edificio che ospita quattro appartamenti della famiglia, non era affatto evaso". Resta la rabbia e restano i dubbi sul perchè Michele Pavone sia entrato vivo e sia uscito morto dalla caserma dei carabinieri. U
n elenco che diventa sempre più e insopportabilmente lungo.
Fonte: Contropiano tratto da osservatoriorepressione.org

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I lividi nel volto dell'uomo, a distanza di qualche giorno dal pestaggio in cui ha riportato una
quarantina di fratture e deformità permanenti.
Spunta il video del terribile pestaggio di Milano. E inguaia i due arrestati, Federico Spallino e Davide Sunseri, entrambi poliziotti di 24 anni che, secondo le indagini coordinate dal pm di Milano Tiziana Siciliano e dall'aggiunto Alfredo Robledo, avrebbero aggredito con un terribile pestaggio Luigi Vittorino Morneghini, 64 anni, verso le tre di notte del 21 maggio scorso.

«Purtroppo per gli indagati sono stati acquisiti i filmati delle telecamere di videosorveglianza del Settore sicurezza della polizia locale. Pochi minuti di drammatiche immagini rese ancor più crude dalla indifferenza del mondo circostante, scandiscono senza possibilità di equivoco il dipanarsi degli eventi e del tutto differenti le responsabilità da attribuire». È quanto scrive il Pm Siciliano nella richiesta di custodia cautelare firmata poi dal gip Alessandra Clemente nei confronti di due agenti di 24 anni accusati di aver selvaggiamente aggredito l'uomo in viale Gorizia a Milano, incrociato in «un incontro casuale» e al termine di «un colloquio che non ha mai una gestualità che non sia pacata».

Secondo il magistrato le immagini video smentiscono dunque completamente la «relazione di servizio» scritta dopo il pestaggio dai due agenti fuori servizio, che avevano sostenuto di essere stati aggrediti dall'uomo che prima li aveva ingiuriati e minacciati di essere armato di pistola e coltello, dopo che si era alterato di fronte al loro rifiuto di consegnare le rose che avevano con loro alla sua compagna di 52anni «in cambio di prestazioni sessuali».

Quello che «nemmeno un pubblico ministero con anni di esperienza quale chi scrive avrebbe mai potuto immaginare, è la reazione fredda ma bestiale dei due» continua il magistrato, che pur ricorda che l'uomo era «certamente alterato dall'alcol» e che non esclude che i due «rappresentanti dell'ordine» possano essere stati insultati e magari anche provocati dalle «frasi sconclusionate» che potrebbe aver pronunciato il 63enne. «
Con passo fermo e deciso il primo si dirige sul M. e lo attinge al volto con un pugno di tale violenza che il malcapitato stramazza inerte al suolo» continua il magistrato, aggiungendo che poi «sopraggiunge l'altro che infierisce su disgraziato a terra privo di difese, con un calcio in pieno volto di una violenza inaudita».
Poi il 64enne «esanime» è stato trascinato dall'altra parte della strada dove il pestaggio sarebbe proseguito. «Nel lieve sobbalzo del corpo le cui immagini la telecamera impietosamente ci trasmette, sembra poter percepire il rumore delle ossa che si frantumano» scrive il Pm, facendo riferimento a quel «fracasso di faccia» descritto dai sanitari del Policlinico che hanno refertato una quarantina di fratture sul volto dell'uomo che, nella sua denuncia, ha spiegato di essere intervenuto perché «un po' nervoso» dato che i due «agitavano continuamente i fiori che tenevano in mano davanti alle ragazze che passavano».
I due poliziotti sono finiti in carcere con le accuse di concorso in lesioni «con l'aggravante di aver cagionato la deformazione permanente del viso, nonché dell'aver agito con l'abuso delle funzioni di agenti della Polizia di Stato e per motivi abietti e futili». I due sono anche accusati di falso e di calunnia, perché avrebbero incolpato l'uomo del delitto «di resistenza a pubblico ufficiale, pur nella consapevolezza della sua innocenza», stilando una denuncia a suo carico.

estratto da l'Unità.
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QUESTO MASSACRO è IL RISULTATO DELL'IMPUNITA' CONSUETA.
Per fortuna c'erano le telecamere, e la questura ed i magistrati hanno voluto vederci chiaro. Altrimenti il 64enne selvaggiamente massacrato dai due agenti, probabilmente sarebbe finito persino nei guai: gli agenti infatti lo hanno accusato, come descritto sopra, "di averli minacciati dichiarando di essere in possesso di una pistola, affinché questi regalassero le rose alla sua donna in cambio di prestazioni sessuali". Se consideriamo che molto spesso le agenzie di stampa sono solite diramare le "veline" delle questure, l'uomo oltre ad aver riportato lesioni gravissime si sarebbe persino ritrovato a fare i conti con guai giudiziari e con la gogna mediatica riservata a un "ubriaco che offriva le prestazioni sessuali della compagna".
E' evidente come i due abbiano agito con la sicurezza di chi confida nella totale impunità. Quando Federico Aldrovandi fu picchiato a morte, l'atteggiamento della questura fu ben diverso: inizialmente la "ricostruzione" era quella che "un giovane, imbottito di droga, saltava e calciava come un pazzo" e che "è morto a causa della droga, non delle percosse". Solo dopooltre 1 anno di impegno della famiglia e dei periti è stato possibile capire che la quantità di sostanza stupefacente che aveva in corpo era ridottissima e che non avrebbe mai potuto cagionare la morte di Federico. Solo la coraggiosa testimonianza di una donna, che ha visto gli agenti sedersi sul corpo di Federico sdraiato in terra che implorava "aiuto" ha permesso di fare chiarezza, arrivando in seguito alla condanna degli agenti, seppur risibile. 
L'indulgenza, se non l'omertà che spesso avvolgono i crimini commessi da chi indossa la divisa, ha evidentemente infuso in molti di loro la sensazione che possono tranquillamente pestare a sangue un innocente, per poi dichiarare che sono stati aggrediti, che le ferite riportate dalla vittima sono dovute alla caduta, e passarla liscia, se non ottenere persino un risarcimento per la denuncia che sporgono per "resistenza e lesioni".
Apprendiamo con felicità che il comportamento della questura e della magistratura, in questo caso, è stato molto diverso, hanno reso giustizia a questo signore ignobilmente e vilmente massacrato. Ma a felicitarci aspettiamo la giusta condanna, e sopratutto che questi 2 individui siano allontanati per sempre dalla divisa della polizia. Fatti come questi non possono essere ammessi.
Antonio Bacherini per nocensura.com

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A 50 giorni dal pestaggio parla il sessantenne. Ecco il video della telecamera a circuito chiuso che riprendeva la strada e l'intervista. "Fortuna che c'era la telecamera, sennò chi mi avrebbe creduto?". Due giorni fa l'arresto dei due poliziotti. Servizio di Maria Covotta.

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La Cultura della violenza - Patrizia madre di Aldrovandi Federico. Il capo della Polizia Antonio Manganelli rispose così a una mia lettera aperta in merito agli agenti sotto processo per violenze: "Noi siamo tenuti a seguire le regole dell'ordinamento giuridico che vige nel nostro Paese. Intanto,"chi ha macchiato la divisa", violando la legge, lo deve dire una sentenza penale definiva, cioè quella della Cassazione." Ora la sentenza definitiva per coloro che determinarono la morte di Federico Aldrovandi è arrivata con la condanna, il 21 giugno dalla Cassazione di Roma, per tre anni e sei mesi che non sconteranno per via dell'indulto. I poliziotti sono però tuttora in servizio. Liberi di reiterare il reato. Per rispetto alla famiglia Aldrovandi e alla stessa Polizia di Stato vanno immediatamente licenziati. Beppe Grillo

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