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Il 6.3.2013 verso le 20,43 è stato chiamato il 118 a Siena perché è stato trovato morto in un cortile del suo ufficio in piazza Salimbeni, MPS a Siena, David Rossi, 51 anni, capo comunicazione dell’ufficio dell’ex presidente della banca, Mussari. Ma prima di ripetere come in un gioco di specchi che si è suicidato, vorrei capire le circostanze e cosa spinge i giornalisti ad affermare che si è suicidato, con tanta sicumera. Con chi era in quella sala, era con qualcuno o solo, qualcuno lo ha visto cadere di sotto? In tal caso, chi lo ha visto? Chi ha chiamato il 118? No, perché concorderete che qualcuno potrebbe benissimo averlo buttato di sotto. O potrebbe esserci caduto. Perché tutti si affrettano a dire che si è suicidato?

Non era indagato ma era stato perquisito il 19 febbraio dalla magistratura, che gli aveva requisito pc, palmare, cellulari e documenti ecc. nell’ambito delle perquisizioni che avevano coinvolto Lorenzo Gorgoni e Michele Briamonte, nel cda di MPS nonché l’ex presidenteGiuseppe Mussari e l’ex direttore generale Antonio Vigni, entrambi indagati.
Non so voi, ma una notizia a sto modo, poi pappagallata da tutti i media di regime, mi sa tanto di sospetta, perché prima di dire che “si è ucciso questa sera gettandosi da un ufficio della sede dell’istituto a Rocca Salimbeni” (cfr. lastampa) un giornalista decente direbbe:
“E’ stato trovato morto forse caduto dalla finestra David Rossi. Bisognerà accertare se si è trattato di un suicidio, se vi sia stato costretto o se sia un incidente”
Leggendo le varie agenzie si scopre che avrebbe lasciato nel suo cestino (?) un foglietto accartocciato con su scritto “Ho fatto una cavolata”. Ma perché nel cestino?
Si apprende dal Messaggero che i “pm Antonio Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, titolari dell’indagine, sospettavano che potesse avere messo in contatto gli ex manager indagati con altri dipendenti della banca rimasti in Mps che avrebbero dovuto testimoniare.” Aveva rapporti personali stretti con Giuseppe Mussari e aveva curato varie campagne promozionali affidandone la realizzazione dei video a registi come Virzi, Tornatore e Marco Bellocchio, che ha firmato ironicamente lo spot “Monte dei Paschi, una storia italiana”.


Insomma Bankenstein ha colpito ancora, Bankenstein colpisce continuamente, Bankenstein  trasforma l’eden in inferno. Gli altolocati che non vengono mai sfiorati neanche dalle indagini possono essere ricercati tra i proprietari delle banche interessate dalle frodi – ma nessuno lo fa mai – in questo caso i controllori di Santander, ABN Amro e advisor, oltre che i padroni occulti di MPS, ricostruendo la reale e occulta catena di comando, che appare lampante, e l’aggiotaggio, i falsi di gara, gli abusi di posizione dominante, i conflitti di interesse, che sono onnicomprensivi, forse per questo nessuno indaga su questi? Rotschild è stato Advisor della ABN AMRO per la ‘vendita’ dell’Antonveneta  e nel contempo è azionista di riferimento di Santander in conflitto di interessi, aggiotaggio e quant’altro, la quale senza neanche fare la due diligence della banca ha buttato la bad company, l’Antonveneta smembrata, svuotata e piena di debiti (8 miliardi) addosso a MPS, che ha sborsato 3 miliardi di troppo, eseguendo semplicemente degli ordini mafiosi, e depauperando le casse della città di Siena. 
Si, perché, prima della privatizzazione di MPS, Siena e la banca erano una cosa sola. Lo statuto della banca era una banca cooperativa pubblica, controllata dalla città, e tutti gli utili redistribuiti obbligatoriamente tra i soci di cui la Città di Siena e il territorio. Ma poi vi fu il 1992, Maastricht e il dogma dell’indipendenza delle BC dalla “politica”: delle BC, ma in Italia divenne la privatizzazione di tutti i nostri enti creditizi pubblici.  Cominciò la manfrina che la banca MPS miliardaria, una chicca, doveva essere quotata in borsa per affrontare il mondo della finanza globale, in realtà MPS e il suo territorio, i suoi asset, facevano gola a chi sta diventando il nuovo padrone di Siena, che proprio italiano non è, tanto per rimarcare ironicamente il messaggio dello spot, perché non è più una storia italiana. Siena e territorio diventeranno francesi, o meglio francorotti, dalla bancarotta fraudolenta alla frode dei franco-Rot. Axa o BNP fate voi, tanto sono più o meno la stessa cosa, o meglio Axa è uno spin off di BNP Paribas – o viceversa? – dove per nostra sfortuna è rappresentato un paese colonialista che si dice tanto amico e cugino ma che in realtà non ha mai perso il vizio di trattarci come la discarica di casa, la Francia.
Ora sono da poche settimane entrati nella proprietà di MPS tre fondi avvoltoi,  Fidelity, Vanguard e Rotschild, per fare compagnia alle loro consociate (?) già presenti in MPS, Morgan e soprattutto il colosso assicurativo AXA, che annovera nel suo cda il presidente onorario di BNP Paribas, Michel Pebereau, e la vice presidentessa di Suez Gaz de France   Isabelle Kocher,   il presidente del comitato esecutivo di Solvay cioé Suez nonché la presidentessa di Coca Cola Europa: tutti amichetti del duo Monti/Bassanini, colleghi cooptati nel comitato del banchiere Jacques Attali per la “liberazione della crescita economica della Francia” non mi stancherò mai di ripeterlo, visto che gli indizi dell’alto tradimento sono tutti contenuti in queste dubbie appartenenze e missioni in conflitto con il bene della nostra collettività e del nostro paese. Non che la crescita della Francia ci sia nemica, ma lo è chi serve quella e non la nostra, di crescita, in conflitto perché al soldo della ‘crescita’ di quei fondi e banche semisovrane imperniate sulla finanza speculativa e predona, e lo fa essendo stato paracadutato da quegli stessi mai sfiorati dalle indagini in posti chiave del nostro paese lautamente ed esageratamente e smaccatamente pagati da noi.
Ce ne sono tanti di indizi. Nello stesso cda di AXA ad esempio era stato cooptato anche Mussari, a ribadire chi è stato in questi anni il vero padrone occulto di MPS e quindi di Siena, AXA la consociata di  BNP Paribas, con partecipazioni incrociate di azioni di riferimento. Quando un presidente di una azienda importante italiana viene cooptato nel cda di una partecipante apparentemente minima al capitale significa questo: che quel presidente va a prendere gli ordini dai padroni occulti e futuri acquirenti. E’ successo così con il presidente di Alitalia in Air France, con Scaroni di Eni in Edf, o De Benedetti in.. Rotschild.
Contrariamente a quanto hanno diffuso i media, le disgrazie di MPS sono iniziate con la privatizzazione, nel 1996, della banca che era un istituto di diritto pubblico e che persino la statalizzazione di Mussolini aveva tollerato come banca pubblica comunale durante il fascismo, sfuggendo alla scure del centralismo mussoliniano.
Sospetto che la creazione della fondazione nel 1996  fu un modo per frenare i danni della privatizzazione, attraverso il prolungamento del controllo della politica sulla banca che essa consentiva, onde evitare il dissanguamento dei forzieri fuori dalle mura della città, in altri paesi, solo che il PD che ha governato la città è il partito per eccellenza che dovrebbe chiamarsi PB, quello che ha svenduto il paese per avere avuto salvo Napolitano da Manipulite e poi, dopo la quotazione in borsa, lo statuto della fonazione, che cambiò nel 2001 come effetto della Legge Amato/Carli del 30 luglio 1990, n.218  per assumere uno statuto privato ma “senza fini di lucro”, espressione antinomica che per una banca fa proprio ridere i polli. Nel frattempo sono entrate le Unicoop e il patron di Menarini, Alberto Aleotti…
La Legge Amato/Carli, firmata da Cossiga, Andreotti e Carli  consente agli enti creditizi pubblici che erano stati nazionalizzati da Mussolini con il regio decreto legge del 12 marzo 1936, anno in cui il nostro “dittatore” nazionalizzò anche Banca d’Italia, di trasformarsi in SpA. Consente, o comunque spiana la strada a qualcosa che era vietato dalla legge del 1936, la privatizzazione dei maggiori enti creditizi pubblici del paese che sarebbero annoverati “all’art. 29″ del regio decreto legge 12 marzo 1936, n.375, convertito dalla legge 7 marzo 1938 n.141, ma che sono però irreperibili. Si trattava della lista delle casse di credito, degli enti creditizi pubblici, delle banche di interesse nazionale, degli istituti previdenziali e assicurativi pubblici. Introvabili.
Sempre a riprova del fatto che i “dittatori” sono coloro che si espongono mentre i traditori sono coloro che si nascondono, fu sempre Carli che il 24 giugno 1992 – anno cruciale – firmò un decreto per mutare il sistema di contabilità di tali enti creditizi pubblici, perché si adeguasse alle norme dettate da Banca d’Italia, la quale obbedisce ad altri organismi di contabilità internazionale e alle direttive dell’UE, in modo da consentire alle società controllate da case madri altrove di esibire bilanci d’esercizio e consolidati secondo le modalità previste dal Paese della sede delle controllanti.
Questo excursus per risalire alle origini della nostra situazione odierna. Ordini calati dall’alto e tecnicismi che cambiano tutto, che si ammantano di specificità per non fare capire la fregatura ai cittadini. Decisioni fondamentali come la Legge Amato/Carli – Amato che si difende in questi giorni di non appartenere alla casta ahahah – per imporre la privatizzazione dei nostri enti di credito pubblici e spianare la strada al drenaggio di risorse finanziarie verso l’estero, la City, Parigi, Lussemburgo o le Cayman, e seguendo le norme e le regole del paese della casa madre. Che poi è poco diverso da quello che è successo in Grecia dove il debito pubblico è passato addirittura sotto la giurisdizione del diritto inglese…Essendo diventata una semplice provincia della…. “casa madre”…
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DecretoCarli24giugno1992
Nicoletta Forcheri 6 marzo 2013
Altre letture su MPS
Fonte: stampalibera.com

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