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Cosa succede alle persone che vivono una situazione di precarietà lavorativa oppure svolgono un lavoro molto diverso rispetto a quello per il quale si erano formate? In un periodo di grave crisi come questo, dove il tasso di disoccupazione è elevatissimo, i rischi per il benessere psicologico sono molteplici e bisogna andare oltre il pregiudizio diffuso per il quale chi ha un lavoro, qualunque esso sia, non ha diritto di lamentarsi.
Non solo esprimere questa condizione è un diritto, ma dare il giusto valore alle emozioni e sensazioni che si provano è necessario per preservare la propria salute. Il concetto di "burnout", letteralmente "bruciato" è stato introdotto da Freudenberger nel 1975 per indicare una serie di fenomeni di affaticamento, logoramento e improduttività lavorativa.
Il burnout si manifesta come una vera e propria sindrome da esaurimento emotivo dove il  soggetto prova sentimenti di apatia e di distacco nei confronti del contesto lavorativo, limita la qualità e la quantità dei suoi interventi, si sente disinteressato e intollerante nei confronti degli altri colleghi, con conseguenti sentimenti di colpa e di inadeguatezza.
Una delle conseguenze più evidenti è la perdita di interesse per il proprio lavoro con conseguente calo dell’impegno personale. Alle manifestazioni di carattere psicologico si aggiungono quelle fisiche che si manifestano con sintomi quali insonnia, nervosismo, irrequietezza, senso di stanchezza ed esaurimento. Tale situazione di disagio molto spesso induce il soggetto a iniziare a fumare oppure a fumare di più, ad abusare di alcool o di farmaci; altri cercano uno sfogo nel cibo o nell'uso di sostanze stupefacenti. Inoltre la persona frustrata può assumere atteggiamenti aggressivi verso se stesso e gli altri o altri tipi di atteggiamento antisociale e spesso mette in atto comportamenti di fuga quali pause prolungate durante l’orario di lavoro o frequenti assenze per malattia.
Le cause che generano il burnout non sono tanto da ricercare nelle motivazioni dei singoli, quanto piuttosto nelle condizioni lavorative inadeguate che presentano mansioni frustranti rispetto alle proprie aspettative, insufficiente autonomia decisionale e disorganizzazione dei servizi.
Negli ultimi decenni è risultato sempre più evidente che i lavoratori non amano essere trattati semplicemente come “unità produttive” e che ciò costituisce motivo di disagio. I lavoratori avendo raggiunto una adeguata istruzione e una certa preparazione professionale, chiedono di potersi assumere delle responsabilità e di aver una certa autonomia decisionale sulla maniera di espletare il proprio lavoro. Quindi, negare questa autonomia lavorativa può creare una situazione di stress. Un lavoratore investe nel proprio lavoro delle energie che pensa siano ripagate con un avanzamento di carriera, una promozione o comunque delle gratificazioni.
Il fatto di voler per forza raggiungere questi obiettivi “a tutti i costi” mette il lavoratore in una situazione di stress. Il problema maggiore sorge quando il lavoratore non riesce a raggiungere i suoi scopi e quindi quando le sue aspettative rispetto al lavoro vengono disattese; situazione che può portare a una diminuzione della fiducia in se stessi, una diminuzione dell'autostima, insoddisfazione lavorativa e abbassamento del tono dell'umore. 
Questa grave caduta dell’iniziale investimento emotivo al lavoro generalmente si presenta dopo un periodo prolungato di attività e non è mai il risultato di un singolo evento; piuttosto è  il frutto di una lenta e continua lacerazione interiore e quanto più alta è stata la motivazione che ha spinto una persona ad intraprendere quel lavoro, tanto più alto sarà il rischio di una forte caduta depressiva e il conseguente disinvestimento emotivo nell’espletamento della propria attività.
E la cura? Farmaci non ne esistono, si deve agire perciò sul proprio stile di vita cercando di individuare le possibilità di cambiamento per recuperare dentro di sè la motivazione, la capcità di desiderare, la curiosità verso i colleghi, gli utenti, il lavoro in sè. Nella vita di tutti i giorni i consigli sono quelli tradizionali: mantenersi in buona salute, fare esercizio fisico, dormire adeguatamente, mangiare in modo sano e gestire al meglio il proprio tempo. E soprattutto è importante ricordare che il lavoro non va messo al primo posto: la propria autostima, realizzarsi come persone, il bisogno di conferme affettive non devono essere giocate qui se non in minima parte. Soprattutto non cercare nel lavoro ciò che manca al di fuori e coltivare altri interessi per poter mantenere una visione più distaccata.

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